In che modo strategie, tecnologie e modelli di business possono aiutare le imprese a vincere le sfide poste dalle cosiddette “transizioni gemelle”, cioè la transizione digitale e quella green?
E qual è il ruolo degli attori dell’ecosistema di innovazione – come technology provider e centri per il trasferimento tecnologico – nel supportare le aziende nel mettere a terra i paradigmi di Industria 5.0?
E ancora: in che modo, in questa fase di transizione per l’industria, le tecnologie si mettono a servizio dell’uomo e dell’ambiente?
Questi sono stati i temi discussi nel corso della plenaria di apertura dell’edizione 2024 dell’Industry 4.0 360 Summit, l’evento digitale dedicato ai trend e le tecnologie più rilevanti per l’industria organizzato da Innovation Post, Industry4Business e ESG360, testate del Network Digital360.
Una sessione che ha chiamato a raccolta esponenti del mondo industriale e accademico per discutere sfide e opportunità delle imprese nell’era di Industry 50.
Un’era caratterizzata da temi – quali l’umano-centrismo, la resilienza e la sostenibilità – che non sono in distacco con il passato, ma che sono figli di un’evoluzione culturale, tecnologica e normativa avvenuta negli ultimi anni e che ora si sta traducendo, nell’ambito industriale, a un diverso approccio ai processi produttivi, alla gestione delle risorse, del capitale umano e degli investimenti.
La sinergia tra innovazione tecnologica e sostenibilità nell’era dell’Industria 5.0
Un’era industriale che pone un accento marcato sull’utilizzo dei dati non solo per migliorare l’efficienza ma anche per sviluppare nuovi modelli di business, sottolineando una crescente consapevolezza delle potenzialità offerte dall’avanzamento tecnologico.
Un punto di svolta significativo riguarda l’integrazione della sostenibilità all’interno del paradigma industriale, che non viene più vista come un’aggiunta esterna ma come un pilastro fondamentale.
La cosiddetta visione delle “transizioni gemelle”, che unisce il digitale al sostenibile, dimostra un cambiamento di mentalità nelle pratiche industriali, riconoscendo che questi due aspetti non possono più essere considerati separatamente.
Un cambiamento di mentalità che prima si è concretizzato nel mondo accademico, come ha spiegato Marco Taisch, Professore, Politecnico di Milano e Presidente del MICS – Made in Italy Circolare e Sostenibile.
“Storicamente, le discipline accademiche legate all’information technology e quelle focalizzate sull’ambiente e sulla sostenibilità sono state trattate come ambiti separati, come silos che raramente interagivano tra loro.
Questa separazione si rifletteva anche nel mondo aziendale, dove le imprese tecnologiche e quelle a vocazione più ambientale procedevano lungo percorsi innovativi distinti, senza un dialogo costruttivo”, ha spiegato il professore.
“Tuttavia, per spingere più avanti l’agenda della sostenibilità, è diventato evidente che questa dicotomia doveva essere superata.
L’emergere di prodotti intelligenti e connessi, che possono essere gestiti in modo più efficiente dal punto di vista energetico e ambientale, ha rivelato quanto l’information technology sia fondamentale non solo per l’abilitazione di nuove funzionalità ma anche per orientare strategie produttive verso una maggiore sostenibilità.
Questa consapevolezza ha portato a una riconsiderazione dell’approccio formativo, sottolineando l’esigenza di integrare le competenze IT con quelle ambientali per formare professionisti capaci di navigare e guidare l’innovazione nell’era dell’Industria 5.0″, ha aggiunto.
In questo contesto, l’approccio accademico si sta evolvendo verso una maggiore interdisciplinarità, riconoscendo l’importanza di un dialogo costruttivo tra diverse aree di sapere.
La formazione di nuove generazioni di professionisti richiede quindi un curriculum che abbracci sia le competenze tecnologiche che una profonda comprensione delle questioni ambientali, preparando gli studenti a confrontarsi con le sfide complesse di un mondo in rapida trasformazione.
Questa evoluzione rappresenta un passo significativo verso la realizzazione di un’industria che sia non solo avanzata tecnologicamente ma anche profondamente consapevole del suo impatto sull’ambiente e sulla società.
Il ruolo delle tecnologie di automazione nell’abilitare processi più umano-centrici
Nel contesto dell’evoluzione industriale verso l’Industria 5.0, come illustrato dal Professore Marco Taisch, assume un rilievo particolare il ruolo dell’uomo, inteso sia come lavoratore che come consumatore.
Questa visione rappresenta una vera e propria svolta rispetto agli approcci precedenti, segnando il passaggio a un paradigma in cui l’essere umano non è più visto solo come una risorsa produttiva o un fine ultimo del consumo, ma come un attore centrale e attivo all’interno del processo di innovazione e produzione.
La centralità dell’uomo nell’Industria 5.0 sottolinea una presa di consapevolezza più marcata riguardo alla sua importanza, evidenziando come le tecnologie e le strategie di sviluppo debbano essere concepite non solo per ottimizzare i processi o per incrementare l’efficienza, ma anche e soprattutto per migliorare la qualità della vita delle persone, sia in ambito lavorativo che nella sfera privata.
Questa nuova enfasi sul ruolo dell’uomo si traduce in una serie di implicazioni significative per le organizzazioni.
Da un lato, richiede lo sviluppo di ambienti di lavoro che valorizzino le competenze umane, promuovendo al contempo il benessere e la crescita personale dei lavoratori.
Dall’altro lato, implica la progettazione di prodotti e servizi che rispondano in modo più efficace e sensibile alle esigenze reali delle persone, integrando soluzioni tecnologiche avanzate con un profondo rispetto per i valori umani e per l’ambiente.
L’approccio all’Industria 5.0
Il passaggio dalla quarta alla quinta rivoluzione industriale, dunque, non rappresenta solo un avanzamento tecnologico, ma una rinnovata valorizzazione del ruolo dell’uomo nel cuore del processo produttivo.
In questo nuovo paradigma, la tecnologia di automazione non è vista come un sostituto dell’intervento umano, ma come uno strumento che ne amplifica le capacità, supportando e arricchendo le competenze dei lavoratori.
“L’integrazione di sistemi sempre più avanzati di raccolta e analisi dati ha richiesto agli operatori di apprendere il ‘linguaggio delle macchine’, per interpretare efficacemente le informazioni prodotte dai sistemi di automazione. Questo scambio di conoscenze, tuttavia, non si ferma a una mera comprensione tecnica. I dati raccolti offrono un quadro dettagliato delle performance passate e prospettive future, ma è l’intuizione umana a guidare le decisioni strategiche, selezionando le opzioni più promettenti per l’evoluzione dei processi produttivi”, ha spiegato Andrea Secco, Head of Linear and Assembly Technologies, Bosch Rexroth.
“Il vero salto qualitativo si verifica quando le macchine iniziano a ‘comprendere’ il linguaggio umano, adattandosi alle direttive fornite dagli operatori per implementare modifiche che apportano la necessaria flessibilità ai processi produttivi. In questo modo, la tecnologia di automazione diventa un’estensione delle capacità umane, permettendo agli operatori di modellare l’ambiente di produzione secondo esigenze sempre mutevoli”, ha aggiunto.
L’approccio umano-centrico nell’Industria 5.0 evidenziato da Secco sottolinea come le tecnologie di automazione, lungi dall’essere un ostacolo, rappresentino una risorsa preziosa per riaffermare e potenziare la centralità dell’uomo nell’industria. Questa sinergia tra uomo e macchina non solo incrementa l’efficienza e la produttività, ma riconosce anche il valore insostituibile dell’intervento umano, della sua creatività e capacità decisionale, in un contesto industriale sempre più tecnologizzato.
In un tale scenario, i fornitori di tecnologie di automazione svolgono un ruolo strategico nel fornire alle imprese le leve necessarie ad affrontare queste sfide, con soluzioni sviluppate seguendo i principi di apertura e semplicità.
Sul fronte tecnologico, l’introduzione di piattaforme aperte rappresenta una vera rivoluzione. Questa scelta permette all’utente finale non solo di essere proprietario delle prestazioni della propria parte di fabbrica, ma anche di personalizzare e ottimizzare il processo produttivo in base alle necessità emergenti. L’adozione di tecnologie completamente aperte trasforma l’operatore in un vero e proprio protagonista, capace di guidare l’evoluzione della produzione attraverso interventi mirati e tempestivi.
La seconda dimensione riguarda la collaborazione, con un focus particolare sulla cobotica. L’approccio tradizionale, caratterizzato da una robotica rigida e distante dalle dinamiche umane, lascia spazio a una visione più inclusiva, in cui uomini e robot collaborano strettamente.
I cobot, infatti, si occupano delle operazioni ripetitive, liberando gli operatori umani da compiti meccanici e permettendo loro di concentrarsi su attività che richiedono esperienza, creatività e decisione. In questo modo, il valore aggiunto dell’intervento umano si sposta “dal braccio al cervello”, arricchendo il processo produttivo di significato e qualità.
Infine, l’aspetto della configurabilità introduce una vera e propria rivoluzione nella gestione dei sistemi produttivi. Offrendo soluzioni facilmente configurabili piuttosto che rigidamente programmabili, l’azienda mette a disposizione degli operatori strumenti di lavoro che possono essere adattati senza necessità di competenze specifiche in programmazione.
Questa scelta rende il processo di adattamento alle nuove esigenze non solo più veloce ma anche più accessibile, democratizzando l’innovazione tecnologica e rendendola alla portata di tutti gli operatori.
Cloud, IoT, AI e 5G
Alla sessione di apertura è intervenuta anche Susanna Jean, Responsabile Offerta 5G Verticals & IoT di TIM Enterprise, la business unit del Gruppo TIM.
Il portfolio di TIM Enterprise si distingue per le soluzioni a valore aggiunto come il Cloud, l’Internet delle Cose (IoT), la cyber security e l’intelligenza artificiale (AI). Questi strumenti sono essenziali per le aziende che cercano di rimanere competitive nell’era digitale, permettendo loro di automatizzare e ottimizzare i processi lungo l’intera filiera, dalla produzione alla logistica.
“Il cloud, in particolare, è centrale per l’automazione dell’intera filiera, dalla produzione alla logistica, consentendo l’adozione di soluzioni che collegano i mondi dell’Information Technology (IT) e dell’Operational Technology (OT), facilitando la sincronizzazione dei sistemi gestionali con lo stato effettivo della produzione e consentendo un monitoraggio accurato, anche sotto l’aspetto della sostenibilità”, ha spiegato Jean.
L’automazione dei rapporti con i clienti tramite chatbot basati sull’intelligenza artificiale generativa è un altro esempio di come TIM Enterprise miri a efficientare i processi lungo la filiera.
La collaborazione con i Competence Center sottolinea l’importanza del trasferimento tecnologico nel percorso di digitalizzazione.
L’AI a servizio dell’ottimizzazione dei processi aziendali
Tra le tecnologie che abilitano maggiormente efficienza (e quindi anche sostenibilità) sia internamente all’azienda che lungo la filiera vi è l’intelligenza artificiale e, in particolare, la Generative AI, capace di amplificare le potenzialità umane e di ridefinire i processi produttivi all’interno delle aziende.
Se spesso si parla di potenzialità e scenari futuri, l’AI e l’AI generativa è già una realtà integrata in molteplici applicazioni aziendali, operando in stretta simbiosi con l’attività umana e i processi produttivi.
“Grazie all’AI, le aziende stanno raccogliendo benefici tangibili in diverse aree, dalla gestione delle linee di produzione, dove l’AI aiuta a ottimizzare i settaggi in base alla variazione di temperatura e qualità degli ingredienti, fino all’elaborazione di immagini complesse per individuare problemi di produzione non riconoscibili ad occhio nudo”, ha spiegato Michele Barone, Principal Director Consumer Goods ICEG Industry X di Accenture.
Le potenzialità dell’AI si estendono anche al controllo qualità dei prodotti, alla protezione delle aree critiche delle fabbriche, alla manutenzione predittiva e alla previsione di deviazioni nelle linee di produzione, assistendo gli operatori nella loro gestione.
Questa tecnologia non solo replica anni di esperienza degli operatori, ma offre anche nuove prospettive e soluzioni a problemi complessi, riducendo i tempi di inattività e migliorando la qualità del prodotto finale.
Tuttavia, Barone sottolinea l’importanza di un approccio graduale all’adozione dell’AI: “Prima di lanciarsi in iniziative ambiziose, le aziende devono assicurarsi di avere la maturità necessaria in termini di gestione e qualità dei dati, nonché una cultura aziendale adeguata. Senza questi elementi fondamentali, i progetti di AI rischiano di rimanere confinati a semplici pilot senza essere effettivamente implementati o sfruttati nel loro pieno potenziale. L’intelligenza artificiale, dunque, rappresenta un potente strumento di trasformazione per le imprese, ma il suo successo richiede una solida base di dati e un impegno culturale per essere pienamente realizzato”, ha aggiunto.
La Process Intelligence
E tra gli step necessari per ottimizzare, anche grazie all’AI, i processi, vi è in primo luogo la consapevolezza di come questi avvengono, strumentale per individuare inefficienze e potenziare il valore aziendale.
Di questo si occupa Celonis, realtà italiana che si è imposta sul panorama tecnologico internazionale come una pioniera nel campo del process mining, una nuova categoria di software che ha rivoluzionato i metodi tradizionali di ottimizzazione dei processi aziendali.
Fondata 12 anni fa con l’ambizione di trasformare un concetto accademico in una soluzione tecnologica concreta, Celonis supera l’approccio tradizionale alla gestione dei processi – basato su sondaggi, interviste e opinioni, spesso soggettive –, per affrontare la complessità tridimensionale delle aziende, che coinvolge processi, tecnologie e, soprattutto, persone.
“La nostra piattaforma analizzi le tracce digitali lasciate dai processi aziendali sui diversi sistemi, offrendo una visione oggettiva e accurata di come questi vengono effettivamente eseguiti. Attraverso la creazione di un digital twin dei processi, Celonis abilita un circolo virtuoso che integra processi, tecnologie e persone, fornendo all’intelligenza artificiale un contesto di business imprescindibile per l’ottimizzazione”, ha spiegato Massimiliano Matacena, Value Engineering Manager presso Celonis
L’approccio di Celonis non si limita però alla mera analisi. La piattaforma offre trasparenza, permettendo alle aziende di comprendere le interconnessioni tra processi, persone e dipartimenti e, di conseguenza, di mitigare potenziali rischi. In una fase successiva, Celonis supporta le aziende nell’interpretazione dei dati, arricchendo l’analisi con algoritmi di intelligenza artificiale che identificano e sbloccano potenziali economici e umani nascosti nei processi.
Il valore aggiunto di Celonis risiede nella sua capacità di trasformare le opportunità di miglioramento in benefici tangibili, sia per gli individui, che possono dedicarsi a compiti di maggior valore aggiunto, sia per le aziende, ottimizzando l’efficienza e la sostenibilità dei processi.
“Quest’ultimo punto è fondamentale, poiché l’intelligenza sui processi non solo abilita il miglioramento continuo ma emerge anche come fattore abilitante per la sostenibilità, consentendo alle aziende di perseguire obiettivi strategici con una consapevolezza e una precisione senza precedenti”, ha aggiunto Matacena.
Come la sostenibilità cambia la Corporate Governance
Una consapevolezza che deve portare a un cambio di mentalità anche nella cultura e nella governance di un’azienda. L’incalzante necessità di integrare la sostenibilità all’interno dei modelli di business sta infatti ridefinendo profondamente l’approccio alla Corporate Governance e alla gestione dei rischi nelle organizzazioni.
“La governance aziendale si trova di fronte a sfide organizzative, di flusso informativo e di interazione, richiedendo una maggiore apertura sia interna che esterna attraverso partnership e alleanze, segnando un cambiamento culturale sostanziale nel modo in cui le aziende operano”, ha commentato Silvia Stefini, Amministratore Non-Esecutivo e Presidente di Chapter Zero Italy – The Nedcommunity Climate Forum.
In questo contesto di trasformazione, il ruolo dell’amministratore delegato e del consiglio di amministrazione diventa cruciale.
La capacità di questi leader di guidare con una visione di lungo termine e di arricchire i consigli con profili diversificati e esperienze interdisciplinari è fondamentale per governare le accelerazioni imposte dalla sostenibilità.
La governance del rischio, in particolare, evolve significativamente sia nelle metodologie che negli obiettivi. L’approccio tradizionale, basato sull’analisi di dati storici, lascia spazio a metodologie che utilizzano scenari futuristici per creare resilienza piuttosto che semplicemente mitigare i rischi.
Questo nuovo paradigma nel risk management mira a comprendere la tolleranza al rischio dell’organizzazione e a definire gli investimenti necessari per affrontare in modo sistemico e resiliente i rischi, in particolare quelli legati al cambiamento climatico.
L’intelligenza artificiale emerge come uno strumento prezioso in questo processo, permettendo di configurare scenari futuri con maggiore intelligenza e precisione.
In tale scenario, la Corporate Governance e la gestione dei rischi si configurano come leve strategiche per navigare con successo le complessità imposte dalla sostenibilità, dimostrando come la resilienza e l’adattabilità siano diventate competenze chiave per le aziende del futuro.
Verso un’industria più resiliente, sostenibile e umano-centrica: sfide e opportunità dell’Industria 5.0
Attraverso questi interventi, dunque, la sessione di apertura del Summit ha lanciato un messaggio chiave: vincere la sfida delle twin transitions richiede una visione olistica che integri tecnologia, sostenibilità e competenze umane, delineando un percorso in cui l’innovazione e la responsabilità ambientale diventano pilastri fondamentali per la crescita e la resilienza aziendale.
E per le aziende, proprio come avvenuto nell’era di Industria 4.0, si tratta di un tema di competitività e sopravvivenza.
“La prossima generazione di consumatori, già oggi molto sensibile ai temi ambientali, esigerà standard elevati in termini di pratiche sostenibili, spingendo le imprese a prepararsi a rispondere a queste richieste con prontezza e responsabilità”, ha sottolineato Taisch.
“La sostenibilità deve essere percepita non solo come un dovere etico ma anche come un vero e proprio valore aggiunto per l’impresa. La dinamicità di questa transizione, che varia anche a seconda dei settori in cui operano le organizzazioni, richiede alle imprese di rimanere agili, pronte a capire e adottare le tecnologie più adatte per sfruttare i vantaggi competitivi emergenti. In questo scenario, la velocità di adattamento e l’innovazione costante si confermano come fattori chiave per il successo”, ha aggiunto Barone.
Se le aziende devono quindi farsi trovare pronte ad affrontare queste trasformazioni l’Italia, come sistema Paese, dovrà fare i conti con una criticità che sta già ostacolando questi cambiamenti: la formazione e l’aggiornamento delle competenze professionali.
“Nonostante la chiarezza sugli obiettivi da raggiungere, persiste una fragilità nel sistema Paese nell’erogazione effettiva di tali competenze, tanto negli ambiti educativi quanto in quelli lavorativi, una lacuna che potrebbe rappresentare un serio ostacolo nel mantenimento del passo con i rapidi cambiamenti del mercato”, ha concluso Tasich. (Fonte: Michelle Crisantemi, https://www.innovationpost.it/)