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Soil quality: new measurement method

A new model developed by the Joint Research Center of the European Commission

Soil quality: new measurement method

Soil quality: new measurement method Misurare la qualità del suolo è il primo passo per tutelarlo, una sfida cruciale per garantire la sicurezza alimentare e la protezione dell’ambiente.

Dal Joint Research Center della Commissione europea arriva un nuovo strumento per determinare l’impatto dell’uso del suolo a livello mondiale.
Questo modello utilizza le variazioni del carbonio organico del suolo come indicatore della sua qualità ed è stato presentato nello studio “Soil organic carbon as an indicator of land use impacts in life cycle assessment”, di cui il JRC è coautore.

Come sottolinea il titolo dello studio, nei metodi di valutazione dell’impatto del ciclo di vita è necessario integrare aspetti relativi alla qualità del suolo: adesso si può contare sul nuovo tool elaborato dai ricercatori che fornisce valori comparabili per le variazioni del carbonio organico del suolo in tutto il mondo.

Il carbonio organico, che costituisce circa il 60% della sostanza organica presente nei suoli, svolge una essenziale funzione positiva su molte proprietà del suolo e si concentra, in genere, nei primi 30 centimetri di terreno.
Favorisce l’aggregazione e la stabilità delle particelle del terreno con l’effetto di ridurre l’erosione, il compattamento, il crepacciamento e la formazione di croste superficiali.
Si lega in modo efficace con numerose sostanze migliorando la fertilità del suolo e la sua capacità tampone. Migliora l’attività microbica e la disponibilità per le piante di elementi nutritivi come azoto e fosforo.

Purtroppo, però, negli ultimi due secoli, il carbonio organico del suolo ha registrato una perdita stimata dell’8% a livello globale.

La qualità del suolo e il carbonio organico nei terreni

L’aumento delle pressioni sulle risorse del suolo causate dall’utilizzo e dal cambiamento di destinazione d’uso del territorio, indotto dall’espansione e dall’intensificazione delle attività umane, sta infatti portando al degrado della qualità del terreno in tutto il mondo.

Guardando alcuni dati riportati in un documento del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, il degrado della superficie terrestre ha un impatto negativo sul benessere di almeno 3,2 miliardi di persone.

A livello globale i costi annuali stimati del degrado del suolo variano tra 18 e 20 trilioni di dollari.

La definizione più diffusa di qualità del suolo è la capacità di un suolo di sostenere, nel contesto di uno specifico ecosistema naturale o antropico, la produzione vegetale o animale, di contribuire a migliorare la qualità dell’aria, dell’acqua e di supportare la salute dell’uomo e l’abitabilità ambientale. In pratica, si tratta della capacità del suolo di funzionare e contribuire a diversi servizi ecosistemici (ad esempio, fornitura di acqua dolce, regolazione del clima, produzione di biomassa).

Perciò la conservazione dei suoli è fondamentale per raggiungere vari Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, garantendo la sicurezza alimentare, il sequestro del carbonio, la conservazione della biodiversità e la protezione dell’ambiente.

La perdita di servizi ecosistemici a causa del degrado del suolo costa tra i 6,3 e i 10,6 trilioni di dollari all’anno, pari al 10-17% del PIL mondiale. Secondo la FAO, almeno il 33% dei suoli è oggi degradato e affetto da salinizzazione, compattazione, inquinamento chimico, acidificazione, accumulo di sostanze non biodegradabili ed esaurimento dei nutrienti.

Uno strumento utile per calcolare il ciclo di vita

La Mission Soil promossa dall’Unione Europea propone, per verificare lo stato qualitativo dei suoli, sei indicatori fondamentali ai quali associare soglie che permettano di verificare l’effetto delle pratiche di gestione del suolo che operano in un determinato momento all’interno di un determinato ecosistema.
Sono:

  • presenza nel suolo di inquinanti,

  • eccesso di nutrienti e sali;

  • copertura vegetale;

  • carbonio organico nel suolo;

  • struttura del suolo, includendo anche densità e assenza di compattamento ed erosione;

  • biodiversità del suolo; 

  • nutrienti del suolo e acidità (pH).

Secondo i ricercatori l’analisi del ciclo di vita, una metodologia per calcolare l’impatto delle catene di valore sulla salute umana e sull’ambiente, può includere, tra le categorie ambientali considerate, la valutazione degli impatti delle attività di utilizzo del suolo sulla qualità del suolo stesso.

Le variazioni del carbonio organico del suolo rappresentano un indicatore cruciale dei servizi ecosistemici di fornitura (ad esempio, la produzione biotica) e di regolazione (ad esempio, la regolazione del clima) e possono essere considerate nel complesso un buon indicatore della salute, della fertilità e della qualità del suolo.

Tuttavia il rischio legato all’adozione di un modello basato sulle variazioni del carbonio organico come indicatore a sé stante nell’esecuzione di studi sul ciclo di vita è che non vengano valutati direttamente gli impatti su altre importanti funzioni del suolo, ad esempio la resistenza del suolo all’erosione e la capacità di filtrazione, e che alcuni impatti vengano trascurati, ad esempio la compattazione e la salinizzazione.

Per questo motivo i ricercatori invitano a integrare la variazione del carbonio organico come indicatore della qualità del suolo con la valutazione di ulteriori impatti sulle proprietà del suolo.

Come funziona lo strumento del Joint Research Center

Inoltre, a causa dell’eterogeneità spaziale delle proprietà del suolo e della natura globale della maggior parte delle catene del valore, il calcolo degli impatti delle attività di uso del suolo sulla qualità per l’applicazione nell’analisi del ciclo di vita richiede di essere effettuata utilizzando fattori di caratterizzazione a livello locale, regionale e nazionale.

Il nuovo modello per quanto riguarda i fattori di caratterizzazione a livello locale si basa su mappe a risoluzione di un chilometro, più altre aggregate a livello nazionale e globale.

Le classi d’uso considerate sono 56
. Lo studio del Joint Research Center ha ampliato l’elenco dei tipi di uso del suolo considerati per includere foreste, colture permanenti e aree artificiali (ad esempio, aree urbane, industriali, siti di estrazione mineraria).

I risultati del modello hanno mostrato che le attività umane sono uno dei principali fattori di degrado del suolo e del territorio.
Gli usi artificiali del suolo – come le aree urbane edificate e di traffico, nonché i siti di costruzione, discarica e industriali – presentano il maggiore impatto negativo sulla qualità del suolo, ad eccezione delle aree verdi urbane. Seguono i pascoli gravemente degradati, i seminativi intensivi, gli altri terreni agricoli e i pascoli ad alta intensità, mentre i pascoli estensivi e le colture allagate mostrano in media un aumento del carbonio organico del suolo, ovvero della sua qualità.

Per illustrare l’applicazione pratica del modello, i ricercatori hanno condotto un caso di studio sui suoli dedicati alla produzione di biometano dal mais in Germania, etanolo dalla canna da zucchero in Brasile ed elettricità solare, sempre in Germania, come fonti energetiche alternative per l’alimentazione di un’automobile. È interessante notare il ruolo predominante degli impatti da occupazione di suolo rispetto a quelli da trasformazione per il biometano e l’etanolo, mentre nel caso della produzione di elettricità solare si verifica l’opposto.

L’Unione Europea a difesa della salute del suolo

Il Joint Research Center è un partner della Life Cycle Initiative (iniziativa sul ciclo di vita), ospitata dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). Questa iniziativa si concentra sull’avanzamento dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile promuovendo il concetto e la conoscenza del ciclo di vita, con l’obiettivo di orientare il processo decisionale istituzionale verso un approccio sostenibile.

Lanciata nel 2002 dall’Unep e dalla Society of Environmental Toxicology and Chemistry (Setac), è una partnership multi-stakeholder che coinvolge governi, imprese, organizzazioni scientifiche e della società civile.
Dopo due anni di intensa preparazione, esperti e professionisti che rappresentano l’industria, i governi e le ong di tutte le aree del mondo hanno raggiunto un consenso in un workshop del 2018 sugli indicatori ambientali e sui fattori di caratterizzazione per varie aree di impatto, tra cui la tossicità umana, l’ecotossicità, l’acidificazione, l’eutrofizzazione e la qualità del suolo.

Il loro lavoro fa seguito alle raccomandazioni del workshop del 2018 Global Guidance on Environmental Life Cycle Impact Assessment Indicators nell’ambito della collaborazione multi-stakeholder Life Cycle Initiative per aggiornare e migliorare un modello esistente per la valutazione dell’impatto dell’uso del suolo sul carbonio organico del suolo.

La Commissione europea nella “Strategia tematica per la protezione del suolo” individua nella diminuzione del contenuto di carbonio organico nei terreni una grave minaccia e un elemento di degrado del suolo e pone come obiettivo del settimo programma di azione per l’ambiente “un mondo esente dal degrado del suolo nel contesto dello sviluppo sostenibile”.

Nel 2021 la Commissione ha approvato, sotto l’ombrello del Green Deal, la “Strategia del Suolo per il 2030” con diversi obiettivi, fra i quali c’è anche quello di favorire l’accumulo di carbonio organico nei suoli, per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, anche attraverso azioni legislative che proteggano e vincolino le zone umide e i suoli organici. (Fonte: Tiziano Rugi, https://economiacircolare.com/)

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