Il consiglio europeo ha dato il suo ok alla direttiva europea sulla due diligence delle aziende (la CSDD, Corporate Sustainability Due Diligence) rispetto alle catene di fornitura, ultimo passaggio necessario nel processo legislativo per la sua entrata in vigore dopo il via libera del parlamento europeo lo scorso 24 aprile.
Dopo la firma del presidente del Parlamento Europeo e di quella del presidente del Consiglio, la normativa verrà infatti pubblicata sulla Gazzetta Europea ed entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo; dopo di che, gli Stati membri avranno due anni per attuare le norme e le procedure amministrative necessarie per conformarsi a questo testo giuridico.
La nuova direttiva imporrà alle aziende – a partire dal 2025 e con gradualità rispetto alla loro dimensione – di verificare le proprie catene di approvvigionamento, in particolare in relazione al rispetto dei diritti umani e alla tutela dell’ambiente, stabilendo anche eventuali sanzioni contro chi violi gli obblighi.
Le norme riguardano non solo le operazioni delle società, ma anche le attività delle loro filiali e quelle dei loro partner commerciali lungo la catena di attività, a valle e a monte, incluso lo stoccaggio e il trasporto.
Le aziende interessate dalla direttiva dovranno inoltre adottare e attuare un piano di transizione climatica in linea con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
La direttiva si applicherà a seconda delle dimensioni delle imprese seguendo una gradualità legata alle dimensioni aziendali:
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entro 3 anni dalla sua entrata in vigore, alle imprese con più di 5.000 dipendenti e 1.500 milioni di euro di fatturato.
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L’anno seguente verrà estesa a quelle con oltre 3 mila dipendenti e 900 milioni di euro di fatturato,
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per poi applicarsi, quello successivo, alle aziende con più di 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato.
Gli Stati membri dovranno istituire o designare un’autorità di controllo per monitorare ed, eventualmente, sanzionare il mancato rispetto delle norme, ad esempio multando le imprese responsabili di violazioni con ammende pari ad almeno il 5% del fatturato netto globale.
Come riportato da varie fonti, nessuno stato membro si è opposto all’approvazione finale, ma dieci paesi (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Estonia, Lituania, Ungheria, Malta, Austria, Slovenia) si sono astenuti. (Fonte: https://www.supplychainitaly.it/)