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Gestione forestale: un’arma contro il cambiamento climatico

Con le nuove certificazioni per la Gestione Forestale PEFC nel Centro-Italia, la superficie certificata totale raggiunge quota 925.609,96 ettari

Gestione forestale: un’arma contro il cambiamento climatico
Gestione forestale: un’arma contro il cambiamento climatico In Italia la superficie certificata per la Gestione Forestale sostenibile PEFC raggiunge quota 925.609,96 ettari, a dimostrazione di un interesse e un’attenzione crescente dei gestori forestali alle tematiche ambientali e di sostenibilità.

Le ultime entrate riguardano il Centro-Italia.
In Toscanal’Unione dei Comuni Montani del Casentino (AR), ha ottenuto da CSQA il riconoscimento della certificazione di 5.764,57 ettari di faggete, castagneti, cerrete, querceti di roverella, ostrieti, abetine, impianti di douglasia, pinete di pino nero, impianti di specie non spontanee minori, arbusteti di post coltura, per la vendita di lotti in piedi e di assortimenti in catasta. Di proprietà della Regione e gestito dal 1977, il sistema forestale si estende dal Monte Falterona lungo l’Appennino Tosco-Romagnolo fino al Passo dei Mandrioli e comprende parte delle Foreste di Camaldoli e Badia Prataglia.

Nelle Marche, la Società Agricola-Forestale di gestione dei beni agro-silvo-pastorali delle Marche – Gruppo PEFC Bosco di Marca, di Fabriano (AN), ha certificato, dopo il controllo di CSQA, 9.208,25 ettari di rimboschimenti di conifere, faggete, boschi misti di latifoglie, castagneti, quercete, leccete. Si tratta di una certificazione di gruppo a cui, oltre alla società capofila, hanno preso parte altre tre realtà: la Società Agricola-Forestale di gestione dei beni agro-silvo-pastorali dei Monti Azzurri, la Società Agricola-Forestale di gestione dei beni agro-silvo-pastorali del Tronto, e l’Azienda Speciale Consorziale del Catria.
 

Un’arma contro il cambiamento climatico

Le foreste hanno la capacità di sequestrare carbonio atmosferico e di stoccarlo nella biomassa. Questa caratteristica è influenzata dal cambiamento climatico in atto. Un team internazionale guidato da Daniela Dalmonech, assegnista di ricerca del Laboratorio di modellistica forestale (Forest Modelling Lab) presso l'Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isafom) di Perugia, cerca di fare luce sul possibile futuro delle foreste europee e sul ruolo della gestione forestale nel contrasto agli effetti del cambiamento climatico, analizzati con un approccio modellistico. 

I risultati, ottenuti utilizzando un modello biogeochimico forestale applicato a diversi scenari di gestione selvicolturale e climatici, sono descritti in due studi pubblicati sulle riviste Science of the Total Environment e Agricultural and Forest Meteorology. "Entrambi gli studi analizzano diversi scenari di gestione forestale, ponendo l'attenzione sulla possibilità di gestire più o meno intensamente - e diversamente - le foreste, a partire dal presente e fino alla fine del secolo", afferma Daniela Dalmonech, "le foreste sono infatti in grado di assorbire e immagazzinare carbonio nei loro tessuti a seconda di come decidiamo di gestirle". 

Nel primo studio, pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, l'analisi di sei diversi scenari di gestione forestale, compreso uno in cui la foresta è lasciata a una evoluzione "naturale", si è concentrata sul sito sperimentale del bacino del Bonis in Calabria, una delle piantagioni artificiali di pino laricio più meridionali in Europa. Foreste così a sud mostrano già un'alta suscettibilità agli eventi estremi dovuti al cambiamento climatico. Diversi interventi, basati sul variare l'intensità e il tempo tra un taglio e il successivo, permettono di agire significativamente sul potenziale di sequestro del carbonio di questi ecosistemi fortemente antropizzati riducendo, ad esempio, la competizione tra individui e aumentandone la disponibilità idrica e di luce per i rimanenti.

"I nostri risultati" spiega Dalmonech "mostrano come cicli di intervento che privilegiano il trattamento a tagli successivi rappresentano un buon compromesso che permette di minimizzare eventuali riduzioni di capacità di sequestro del carbonio sul lungo periodo causate dall'impatto del cambiamento climatico, sostenendo ed aumentando allo stesso tempo la produzione legnosa (ben oltre il 40%), mentre la non gestione risulta essere in alcuni casi la peggiore opzione sia in termini di capacità di sequestro che di accumulo di biomassa". 

Nel secondo studio, pubblicato sulla rivista Agricultural and Forest Meteorology, i ricercatori si sono chiesti se un aumento (o una diminuzione) in intensità e frequenza dei tagli, rispetto alle pratiche attuali, potesse automaticamente aumentare la capacità delle foreste di sequestrare e stoccare la CO2 atmosferica.
"L'indagine è avvenuta attraverso un approccio modellistico applicato su foreste centro-Nord europee sotto quattro diversi scenari di cambiamento climatico", spiega Gina Marano. "Si sono confrontati una ventina di diversi scenari a più alta e più bassa intensità e frequenza di prelievo rispetto alle comuni pratiche di gestione. I risultati prodotti dal modello mostrano come una corretta gestione forestale porti a un miglioramento, sia in termini di sequestro che di stoccaggio del carbonio, anche per il futuro, indipendentemente dallo scenario di clima considerato".

Alessio Collalti, responsabile del Laboratorio di modellistica forestale e coautore e coordinatore di entrambi i lavori, conclude: "I nostri risultati mostrano anche come la gestione forestale, e il tipo di gestione che si decide di applicare nel medio e lungo termine, ha di gran lunga un impatto maggiore di quanto non lo abbia il cambiamento climatico stesso. È importante quindi analizzare con cura ogni singolo caso. La speranza è che entrambi i nostri studi siano da stimolo al dibattito in corso in tema di strategie di adattamento, mitigazione e decarbonizzazione basate sulle risorse forestali, in Italia come in Europa. La non gestione rimane certamente una opzione ma le foreste gestite possono aiutarci a ridurre maggiormente la CO2 atmosferica e quindi gli effetti del cambiamento climatico in corso". (Fonte: http://www.parks.it/)

 

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