I dati del 10° Rapporto sull'impegno sociale, economico e ambientale delle aziende in Italia, presentati dall'Osservatorio Socialis, insieme a MSD Italia, Sogei, Gruppo Cap e Fondazione Prioritalia, parlano chiaro. Chi non vuole rimanere indietro spinge sempre di più sui valori della responsabilità sociale e li adotta ormai senza riserve, per stare meglio sul mercato in un mondo che cambia. E le crisi (dalla pandemia alla guerra) non sembrano rallentare questa tendenza.
Possiamo dire che la responsabilità sociale dell'impresa è diventata un dovere, quasi un obbligo, se il 96% delle aziende italiane con più di 80 dipendenti (campione 400 aziende) dichiara di aver speso quasi 300mila euro all'anno (282mila euro per l'esattezza) in attività di Corporate Social Responsibility (CSR): in totale 2 miliardi e 162 milioni di euro nel 2021, un valore che in venti anni si è più che quintuplicato.
Secondo la rilevazione dell'Osservatorio Socialis, realizzata da Istituto Ixè e illustrata in Sapienza Università di Roma con il patrocinio tra gli altri di MITE, MEF, Ministero Lavoro e 34 atenei italiani, aumenta visibilmente la percentuale di aziende che ha già confermato il budget per il 2022 (65% rispetto al 40% del 2020); viceversa si è ridotta la quota di imprese che ha annullato o ridotto il budget (27%) ed anche la quota che non lo aveva pianificato in anticipo (6%). Dati che sembrano indicare una riacquistata capacità di programmazione, al di là delle dimensioni emergenziali.
L'investimento medio in CSR è salito a 282mila euro rispetto ai 241mila euro del 2019, con un incremento del 17%. Un trend che vede una crescita del 22% solo negli ultimi due anni e che dimostra quanto oggi l'orizzonte della responsabilità sociale dell'impresa sia consolidato ed esteso: dalle iniziative a favore del territorio e dei dipendenti si è allargato a tutte le azioni che producono e promuovono la sostenibilità ambientale e sociale, accogliendo strutturalmente i criteri ESG, che guidano non solo le politiche di produzione e di finanziamento, ma anche le scelte di responsabilità.
Gli obiettivi della CSR
Per quanto riguarda le aree e le modalità di investimento, secondo il 10° Rapporto dell'Osservatorio Socialis le aziende che fanno attività di CSR si concentrano, come negli anni precedenti, soprattutto sulle
iniziative interne all'azienda (50%), come quelle legate alla formazione del personale (33%). Il 40% delle aziende promuove iniziative dedicate al territorio nazionale e il 36% al territorio vicino alla propria azienda. Quest'anno si è rilevato un incremento delle azioni rivolte ai paesi esteri (21%), registrando un possibile ritorno a quella che viene definita comunemente 'beneficenza', ossia investimenti e donazioni in paesi lontani, più poveri o in difficoltà. I maggiori investimenti vengono dedicati ad azioni per diminuire l'impatto ambientale: il 40% investe per migliorare il risparmio energetico mentre il 38% delle aziende privilegia azioni di investimento nelle tecnologie innovative per limitare l'
inquinamento e migliorare lo smaltimento dei rifiuti.
I vantaggi: reputazione, rapporti con il territorio e con i consumatori
La CSR si conferma conveniente per le aziende che la praticano: il 44% delle aziende intervistate indica che la CSR porta ad un miglioramento della loro
reputazione e per 4 aziende su 10 essa porta ad un miglioramento della
motivazione del personale ed il conseguente miglioramento del clima interno. La rilevazione delle opinioni sulla CSR mostra poi che l'attenzione delle imprese e dei consumatori rimane alta. Infatti, il 51% delle imprese intervistate ritiene che l'attenzione verso la CSR sia in crescita. Le aziende, infine, attribuiscono un valore più alto alle attività a vantaggio della corporate governance e del sociale, anche dette le tematiche ESG.
Investimenti nei diversi parametri ESG
Dal 10° Rapporto CSR emerge che 8 manager su 10 ritengono che è vantaggioso, oltre che doveroso, investire a tutela dell'
ambiente (riduzione emissione CO2, efficienza energetica e utilizzo risorse naturali), in pari misura per il proprio
personale e per il
sociale, e nella stessa misura per la corporate
governance (trasparenza della contabilità, etica professionale, solidità del sistema finanziario dell'azienda, politiche di diversità, remunerazione collegata ai parametri ESG).
L'opportunità del PNRR
Nel 2021 sono entrati in scena degli investimenti del PNRR che promettono un forte impulso al mondo della sostenibilità e della CSR. L'85% delle grandi aziende italiane intervistate crede nella capacità di incentivazione del PNRR nei confronti delle pratiche sostenibili, ma di questo segmento largamente maggioritario il 55% è interlocutorio, la ritiene una probabilità e non una certezza.
Il modello di business
Più di 8 imprese su 10 ipotizzano che nel prossimo futuro la CSR sarà messa a sistema e maggiormente organizzata nel modello di business della propria impresa. Una previsione condivisa soprattutto delle imprese con grandi fatturati dei settori finanziario, commercio, elettronica-informatica-telecomunicazioni, nel metallurgico, trasporti e servizi.
Il responsabile aziendale
L'82% delle imprese intervistate afferma di avere in organico una funzione, un responsabile incaricato di seguire le attività di CSR e sostenibilità, confermando il trend in rapida crescita. La massima diffusione di questa figura è rilevabile nei settori delle banche e assicurazioni, nel chimico farmaceutico e nel metallurgico. Nel 27% dei casi è una figura unica che opera trasversalmente ai diversi dipartimenti. (Fonte: Roberto Orsi,
https://www.repubblica.it/)