Un prodotto alimentare importato da un paese terzo può avere il logo di produzione biologica dell’Unione europea solo se soddisfa tutte le prescrizioni del diritto Ue.
Questo vale anche se le norme di produzione del paese terzo sono riconosciute equivalenti a quelle previste dal diritto dell’Unione.
Il prodotto può comunque recare il logo di produzione biologica del paese terzo.
È quanto rileva la Corte di giustizia dell’Ue che si è pronunciata sull’etichettatura dei prodotti biologici.
Il divieto di utilizzare il logo di produzione biologica dell’Unione europea per prodotti fabbricati in un paese terzo secondo norme solo equivalenti a quelle previste dal diritto dell’Unione si estende anche all’uso dei termini che fanno riferimento a tale produzione, spiega la Corte.
Tuttavia, purché un prodotto sia conforme a tali norme, il logo di produzione biologica del paese terzo può essere utilizzato nell’Unione per tali siffatti, anche quando contiene termini che fanno riferimento alla produzione biologica.
Il caso della bevanda col logo di produzione bio e della concorrente made in Usa
Il caso viene dalla Germania dove la Herbaria produce una bevanda composta da una miscela di succhi di frutta e di estratti contenente, oltre a prodotti biologici, vitamine non vegetali e gluconato di ferro.
Sull’imballaggio di tale prodotto c’è il logo di produzione biologica dell’Unione.
Le autorità tedesche hanno ingiunto all’azienda di rimuovere il logo di produzione bio della Ue perché il prodotto non era conforme ai requisiti del regolamento sull’etichettatura dei prodotti biologici.
Quest’ultimo consente, infatti, di aggiungere vitamine e minerali ai prodotti trasformati recanti il termine «biologico» solo se il loro impiego è richiesto dalla legge, il che non è il caso della bevanda in questione.
La Herbaria ha però fatto valere dinanzi alla Corte amministrativa federale tedesca una disparità di trattamento tra il suo prodotto e un prodotto simile, contenente anch’esso vitamine non vegetali e minerali, importato dagli Stati Uniti, che non sarebbe soggetto a un tale divieto.
Gli Stati Uniti sono riconosciuti come paese terzo le cui norme di produzione e di controllo sono equivalenti a quelle dell’Unione.
Ciò significa che i prodotti provenienti da tale paese terzo conformi alle norme di produzione di quest’ultimo possono essere commercializzati nell’Unione come prodotti biologici.
Per la Herbaria, questo riconoscimento consentirebbe che prodotti concorrenti americani possano recare il logo di produzione biologica dell’Unione, e i relativi termini, alla semplice condizione che rispettino le norme di produzione degli Stati Uniti, vale a dire anche qualora non siano conformi alle norme di produzione del diritto dell’Unione.
La Corte considera che “un prodotto importato da un paese terzo e fabbricato secondo norme di produzione e di controllo riconosciute equivalenti a quelle previste dal diritto dell’Unione non può utilizzare né il logo di produzione biologica dell’Unione né termini che fanno riferimento a tale produzione se non è un prodotto pienamente conforme alle norme di produzione previste dal diritto dell’Unione”.
In caso contrario ci sarebbe un’ambiguità in grado di indurre in errore i consumatori perché, spiega la Corte, “il logo di produzione biologica dell’Unione mira a informare i consumatori in modo chiaro del fatto che il prodotto sul quale esso figura è pienamente conforme all’insieme delle prescrizioni del diritto dell’Unione, e non soltanto a norme equivalenti a queste ultime”.
La Corte rileva poi che “il logo di produzione biologica di un paese terzo può essere utilizzato nell’Unione per siffatti prodotti importati, anche quando contiene termini che fanno riferimento alla produzione biologica. Infatti, un tale logo non è idoneo a dare l’impressione che i prodotti importati di cui trattasi siano conformi all’insieme delle norme di produzione e di controllo dell’Unione”. (Fonte: https://www.helpconsumatori.it/)