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Trento è la prima città d'Italia bullismo free

CSQA certifica tutti gli Istituti comprensivi PdR 42 per la prevenzione e il contrasto al bullismo

Trento è la prima città d'Italia bullismo free
Trento è la prima città d'Italia bullismo free Trento è la prima città d'Italia dove tutti gli Istituti comprensivi hanno ottenuto la certificazione PdR 42 da CSQA per la prevenzione e il contrasto al bullismo, dopo un percorso durato l'intero anno scolastico.

Il bullismo si combatte informando, sensibilizzando e aiutando tutte le persone coinvolte: bulli e vittime, compagni e compagne di scuola, insegnanti e genitori. Per questo all’inizio dell’anno scolastico che si è appena concluso, i sette istituti comprensivi della città di Trento sono stati coinvolti in un percorso di prevenzione e contrasto al bullismo, realizzato grazie al sostegno di Etika, l’offerta luce e gas della Cooperazione Trentina con Dolomiti Energia, e il cofinanziamento della Provincia Autonoma di Trento e dei singoli Istituti.
 
Con l’Istituto Trento 6 che ha fatto da apripista, il percorso ha portato oggi tutti gli Istituti del capoluogo ad ottenere la certificazione da parte di CSQA, unica città d’Italia ad avere raggiunto un traguardo così elevato. Nel progetto è stato coinvolto anche l’Istituto comprensivo di Cavalese, come esperienza di un contesto scolastico periferico di valle.
 
Il progetto ha interessato tutti i protagonisti del mondo della scuola: studenti, personale scolastico (insegnanti e personale ATA) e famiglie, a partire dalle operazioni di ascolto della loro percezione del fenomeno che sono state alla base poi di concrete misure organizzative e di gestione, oltreché formative.
 
Una delle tappe più rilevanti di questo percorso di sensibilizzazione è stata l’indagine effettuata per rilevare la percezione rispetto ai “comportamenti da bulli” vissuti in contesto scolastico.

Nei mesi di dicembre 2022 e gennaio 2023, 2.809 studenti delle scuole secondarie di primo grado e in alcuni casi anche delle classi quarta e quinta delle primarie degli otto Istituti hanno potuto esprimere il loro sentire. Altri 2.377 questionari sono stati compilati da adulti, di cui 1.657 da genitori e 720 da personale scolastico (docenti, personale di segreteria e collaboratori scolastici).
 

L’esito dell’indagine

Dal questionario emerge una buona situazione di partenza e altrettanti spunti di riflessione che dovranno essere presi in carico dalla comunità educante nel suo insieme: l’83% dei ragazzi dice di stare bene o abbastanza bene in classe; un ulteriore 13% risponde “né bene né male” e il 3% (corrispondente a 36 persone) dice invece di stare male, con distribuzione uniforme nei vari Istituti. Il 4% degli studenti pensa che a scuola non ci sia alcun bel momento: neanche la ricreazione, il tragitto o il tempo libero, che invece sono preferiti dagli altri.
 
Il 52% dei ragazzi indica di non aver mai subito, fatto o visto gesti di bullismo. Il 30% di aver solo assistito, il 12% di aver subito prepotenze e il 2% di averle compiute. Dalle risposte è emersa la sana consapevolezza che il bullismo si vince solo denunciando l’aggressore e parlando con qualche figura adulta.

Il 56% degli intervistati sceglierebbe un genitore, il 48% un insegnante. Oltre la metà degli studenti ritiene che sia necessario parlare in classe, il 10% sceglie di essere amico della vittima e il 36% di fare qualcosa in più, come difenderla. Solo il 3% crede non si possa fare nulla.
 
Contro i bulli i ragazzi chiedono il “pugno duro”: punizioni (26%), sospensioni (7%), richiamare/fermare/denunciare (6%), espulsione/bocciatura (5%). Solo il 12% ritiene che i bulli vadano aiutati, al pari delle vittime. Risultato opposto, invece, è quello che emerge dai questionari compilati da genitori e insegnanti, che riconoscono nei bulli una fragilità da sostenere ed accompagnare verso un percorso di recupero e consapevolezza.
 
Un’ultima curiosità: le esperienze di bullismo rilevate dal personale scolastico sono circa il doppio di quelle percepite dai genitori. Questo significa che l’alleanza educativa tra scuola e famiglia resta il terreno primario su cui lavorare per affrontare il fenomeno, colmando quei gap informativi e formativi che entrambe le componenti adulte consultate hanno dichiarato di sentire. Tutte le componenti adulte esprimono il bisogno di capirne di più e di essere maggiormente attrezzati rispetto agli strumenti necessari per affrontare con efficacia le differenti situazioni. (Fonte: https://www.ladige.it/)

 

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